LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO

"TU PUOI SAPERE, SE NON ASCOLTI IL VOLGO"
creata il 20 dicembre 2011 aggiornata il 16 gennaio 2012

 

 

Considerazioni sul freudismo popolare

Considerazioni sul freudismo popolare

Dopo vent’anni di analisi non mi resta che andare a Lourdes”.

– Perché fa sorridere la battuta di Woody Allen?

– Perché siamo tutti freudiani. Non c'è bisogno di aver fatto un'analisi individuale. Basta l'imparaticcio collettivo.

Nel senso comune, infatti, si è sedimentata una versione deteriore di freudismo, un impasto di elementi freudiani eterocliti, che sono diventati patrimonio collettivo, ma che non sono necessariamente il meglio di Freud. Certo, il senso comune non è una tabula rasa. Il fondo preesistente di aristotelismo ha fatto sì che certi elementi di Freud si siano fissati, ma certi altri no; alcuni sono sopravvissuti, altri sono decaduti in nome di un certo darwinismo culturale. Allora la battuta di Woody dimostra che nella cultura prevalente si è certamente fissato l’aspetto medico della psicanalisi. A Lourdes vanno i malati gravi che neanche la medicina psicanalitica ha saputo guarire. Ma il freudismo popolare non si ferma lì. Poi vengono i lapsus freudiani e le storielle edipiche, che imperversano nella posta del cuore delle riviste femminili. A un livello specialistico più elevato sono gettonate valutazioni “ingenue”, ma coerentemente freudiane, dell’operato del singolo psicanalista, che non sarebbe stato ben analizzato dal suo analista o che dovrebbe fare ancora una tranche di analisi (da un’idea freudiana in Analisi “terminabile e interminabile”). Anche in questo caso a dominare la volgarizzazione freudiana è la connotazione medica della prestazione analitica. L'analista incompetente non sarebbe stato ben curato durante la sua formazione. Ultimamente i giudici che condannano gli psicanalisti per esercizio indebito della professione psicoterapeutica si dimostrano non estranei alla comune fallacia che identifica psicanalisi a medicina e medicina a scienza. Peccato che il senso comune non registri le intuizioni veramente scientifiche di Freud: l’inconscio, che diventa subconscio, la rimozione originaria, che non è mai citata, e la Nachträglichkeit, che non è neppure tradotta e non si sa cosa sia.

– Poco male, si dirà. A chi può far male questo freudismo volgare?

– Ma alla psicanalisi stessa! Non in quanto volgare, ma in quanto freudismo.

– ?

– Sì, perché il freudismo costituisce una corazza intorno a Freud, che impedisce di penetrare nel pensiero freudiano autentico, quello veramente scientifico.

È il freudismo, infatti, il collante che tiene insieme nello spazio culturale e mantiene nel tempo posizioni dottrinarie inconfutabili e per ciò stesso di per sé contrarie all’evoluzione scientifica della psicanalisi. Si prenda, per esempio, l’eziologismo freudiano, per cui nell’apparato psichico nulla avviene a caso e tutto ha una causa a monte: una qualche pulsione metapsicologica o un trauma sessuale infantile o il complesso di Edipo non del tutto liquidato. È un atteggiamento ormai spontaneo, ma radicato nel e rinforzato dal precedente eziologismo aristotelico, che del principio di ragion sufficiente ha fatto il cardine dell’attività cognitiva. E Aristotele si trova ribadito da Kant, Schopenhauer e Stuart Mill.

– Come si fa ad andare contro l’autorità di tanti personaggi così influenti?

– Potrei fare il nome di Hume come controautorità, ma preferisco dire in nome della scienza.

– Ma cos’è questa scienza, che pretende distruggere i fondamenti del comune sentire e pensare?

– Tutto giusto. Il comune sentire e pensare viene prima di tutto. Non si discute: va conservato per conservare l'ordine sociale e le sue istituzioni, psicanalisi compresa.

Intanto la psicanalisi non progredisce. “… ché quanto alla scienza stessa, ella non può se non avanzarsi”, scriveva Galilei nel Dialogo sopra i massimi sistemi (Prima giornata, 1633). La psicanalisi, invece, non essendo scienza, può non avanzare; giusta la preoccupazione di Freud sulla conservazione del proprio lascito, può restare ferma lì dov'è. E il freudismo, tanto quello volgare quanto quello professionale, fa sì che la psicanalisi non si muova, visto che incontra il favore popolare. In Italia abbiamo avuto una politica populista per diciassette anni; ci sta bene una psicanalisi populistica, più freudista che freudiana.

– Fermi tutti! Nessuno tocchi una virgola dei testi freudiani. Sono sacri.

– Ma sono tradotti cervelloticamente.

– Non importa. Vox populi, vox Freud.

– Stai dicendo che il freudismo è la maggiore fonte di resistenza a Freud. Vuoi dire che si usa il freudismo per non voler vedere che Freud è un uomo di scienza?

– Conosco il tuo ritornello: tutto va bene per resistere alla scienza. Non mi incanti più.

Oggi ha avuto una certa risonanza un manifesto per la difesa della psicanalisi, di cui anche in questo sito si trova il link. Tuttavia, non posso non segnalare la debolezza politica di questa iniziativa, che ha i suoi meriti. Difendere la psicanalisi che c'è, nella fattispecie la psicanalisi freudiana, significa difendere la psicanalisi medica, anche quando si pretende sganciare la psicanalisi da ogni aspetto sanitario. Si commette lo stesso errore di Freud che, nella sua analisi laica, attacca i medici presentando una teoria totalmente medica della psicanalisi. Freud ha fatto un buco nell'acqua: l'IPA è totalmente medicale e non poteva non esserlo, essendo medica la struttura teorica conferita alla psicanalisi da Freud stesso. Lo stesso errore lo compie chi difende oggi la psicanalisi che c'è. La psicanalisi non va difesa, ma va cambiata, a costo di correggere il vecchio Freud. Ma questo è difficile, perché il freudismo è entrato nel senso comune e sembra di andare contro la psicanalisi andando contro il freudismo. Allora non si vuole sentir parlare della possibilità paradossale che la psicanalisi senza freudismo (senza medicalità) sia veramente freudiana, cioè scientifica. E si ritorna punto e a capo: ultimamente si resiste alla scienza, perché è oggettiva e fuorclude il soggetto; è calcolante delle quantità fisiche secondo formule aride; non fa discorsi alla portata di tutti intorno alle qualità; postula delle leggi di natura e ignora le leggi della storia e la libertà dello spirito. Dopo tutto, tra gli psicanalisti il primo a resistere alla scienza fu proprio Freud, che identificava, come molti tuttora, la medicina alla scienza. Dovevamo pensarci prima e mandarlo a Lourdes. Magari sarebbe guarito del proprio freudismo.

Segnalo da ultimo un inconveniente della cosiddetta clinica freudiana, che sarebbe meglio dire freudista: l'uso delle interptretazioni.

La maggior parte delle interpretazioni psicanalitiche sono adoccherie, come le chiamava Quine, o Just so stories, come le chiamava Kipling, intitolando un favoloso libretto che tutti gli psicanalisti dovrebbero leggere. Servono a confermare le mitologie freudiane, invece che aiutare l’analizzante nella propria ricerca. Sono fondamentalmente inutili, perché le teorie non si confermano ma si confutano.

In realtà, non sono inutili: servono alla comunità analitica, nella misura in cui offrono ai singoli membri la certezza che il sapere che li tiene insieme è valido. Allora il mito, grazie al quale si interpreta la realtà, diventa un rito di appartenenza e di autoconvalida del legame sociale. Il legame sociale, a differenza della teoria, vive di conferme. Ogni domenica i bravi cattolici vanno a messa, non per confermare il catechismo di gruppo, che non ha bisogno di conferme, essendo blindato dalla casta presbiteriale, ma la propria fede singolare.

Pagando pegno a una fallacia logica.

La pratica della conferma dottrinaria è destinata a celare le contraddizioni implicite nella dottrina. Se la dottrina contiene l'enunciato A e la pratica conferma A, va tutto bene, perché si è confermata la dottrina; se la dottrina contiene l'enunciato non A e la pratica conferma non A, va ancora tutto bene, anzi meglio, perché si è confermata la dottrina una seconda volta; il doppio successo cela il fatto che in realtà si è confermata la contraddizione A et non A. A pezzi e bocconi la dottrina viene sempre confermata in toto, contraddizioni e sciocchezze comprese.

Questa della “totalità” e della “completezza” è il vizio di fondo di ogni dottrinarismo. Si conserva tutto, anche le sciocchezze e le contraddizioni del maestro, nel timore che far cadere una briciola del castello dottrinario porti al crollo totale.

Infine, una considerazione teorica a riassunto di quanto precede.

I teorici più avvertiti della psicanalisi riconoscono che l'attuale decadenza della psicanalisi deriva dalla medicalizzazione imposta alla psicanalisi dall’IPA, la comunità freudiana ortodossa, che riduce programmaticamente la psicanalisi a psicoterapia. Tuttavia, questo è il fenomeno curioso: nessuno riconosce – o nessuno vuole riconoscere – che la medicalizzazione della psicanalisi comincia proprio con Freud, precisamente con la sua metapsicologia delle pulsioni, considerate come cause psichiche alla stregua degli agenti morbosi delle comuni malattie.

Senza voler fare il processo a nessuno, neppure a Freud, questo curioso fenomeno getta luce sulla configurazione del senso comune, che considera la medicina una scienza. Precisamente, insieme alla storiografia, la medicina sarebbe una scienza pregalileiana; sarebbe la scienza di ascendenze ippocratiche la quale, in quanto più antica della galileiana, avrebbe più autorevolezza di questa e perciò non si può mettere in discussione. Addirittura, nella sua Laienanalyse del 1926, Freud arriva a stigmatizzare i medici che pretendono esercitare la psicanalisi senza sottoporsi ad analisi, in nome di principi medici; allora, Freud parla di eziopatogenesi delle nevrosi come parlerebbe di tubercolosi, in nome del principio di ragion sufficiente, per cui ogni fenomeno ha una causa, nel caso analitico inconscia, che si impara a riconoscere mediante l'analisi personale. Invece del bacillo di Koch, la causa della nevrosi sarebbe la rimozione infantile di moti pulsionali, che l'Io debole non sopporta. Ma il modello della malattia psichica resta medico. E, di conseguenza, è medica la cura analitica, che consiste nella ripristino dello stato precedente alla malattia, nel caso, l'eliminazione della rimozione infantile. Tutto ciò è infantile.

Purtroppo il senso comune è difficile da smontare; quindi è difficile demedicalizzare la psicanalisi. Se tenti di farlo, costruendo una psicanalisi veramente scientifica, cominciando a indebolire il principio eziologico, passi per antifreudiano… e in certo senso è vero!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SAPERE IN ESSERE

SAPERE IN DIVENIRE

Torna alla Home Page